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La conoscenza dal punto di vista psicologico.

Conoscenza come esperienza.

La conoscenza e la bellezza sono esperienze che la coscienza può fare attraverso una percezione multisensoriale, e a mio parere il modo più corretto di intendere la conoscenza è: la conoscenza in senso ebraico, e cioè attraverso l’esperienza sensoriale, con l’ambiente che ci circonda, sia esso naturale o socio relazionale.

Conoscenza come esperienza con tutto il corpo

L’esperienza della bellezza: come ascoltare le note di un violino, coinvolge non solo le diverse

funzioni ideative della mente ma anche le emozioni e i sentimenti che possiamo sentire con tutto

il corpo per esempio con: il cuore, la pelle, l’intestino.

La conoscenza esige un contesto

Per questo motivo la conoscenza in quanto esperienza non può essere veicolata da nessuna forma digitale e tecnologica, la conoscenza ha bisogno della percezione integrata dei cinque sensi, vista, udito, olfatto, gusto e tatto, e di un contesto, per esempio leggere un libro in un preciso contesto permette maggiormente questo.

Egocentrismo conoscitivo

I nostri sensi sono notevolmente limitati, noi percepiamo, non penso di esagerare nel dire che percepiamo un decimo della realtà, anche se abbiamo la sensazione di percepire la realtà nella sua completezza.
La nostra mente funziona in modo egocentrico, pensiamo che quello che abbiamo percepito noi sia l’unica realtà, ma ne percepiamo una minima parte.

Influenza dell’età sulla conoscenza

Il rimanente 90% lo ricostruiamo a livello cognitivo con il nostro cervello, in base alle nostre esperienze, quindi in base alle informazioni codificate nella nostra memoria a lungo tempo, memoria di lavoro, e in base alle nostre categorie e modalità associative cognitive, cui siamo abituati, è questo il motivo per cui il “riconoscimento” per esempio di una sequenza di note, ma in generale di tutto, è più accurato nell’età avanzata, ma anche più insicuro “sarà quel brano di quel musicista?….” , in quanto lo stimolo: sequenza di note, si deve confrontare con molte più informazioni codificate nella nostra memoria a lungo termine.

Il giovane per esempio è più sicuro di aver riconosciuto esattamente ma più approssimativo

perché ha codificato in memoria meno informazioni, ha meno esperienza, le informazioni nuove

vengono confrontate con quelle preesistenti, se sono poche per il principio di autoreferenzialità

cognitiva, il giovane è più sicuro di aver riconosciuto qualcosa con esattezza, ma meno accurato.

Conoscenza come processo non dissonante

E qui abbiamo la seconda importante evidenza e cioè che la conoscenza deriva da un processo, non è come un supermercato, per così dire come un motore di ricerca dove uno va prende, consuma e getta, in una dinamica astratta di elementi, non solo separati fra di loro ma anche “ridotti” in quanto trasformati in algoritmi e pertanto privi di possibilità percettiva e contenuto multisensoriale, la conoscenza intesa dal punto di vista psicologico, non può essere:

unisensoriale/bisensoriale, decontestualizzata e avulsa da un processo.

Conoscenza e libertà di propri focus attenzionali

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E’ vero che sul monitor del pc ho la realtà simulata almeno su due canali: visivo e uditivo, ma sono due spaccati di realtà già filtrati da qualcun altro, quindi l’attenzione non è il nostro “filtro attenzionale”, non possiamo porre attenzione a elementi di realtà secondo il nostro modello cognitivo, come facciamo ora in questa stanza in cui possiamo decidere se ascoltare il conferenziere o guardare il nostro vicino, (ma in realtà percepiamo anche altro nonostante il “focus attenzionale” e questo dipende dalla nostra mente), ed è su questo percepire quel decimo di realtà che permette la nostra “rappresentazione condivisa di realtà” ed esperienza, ma se costruiamo la realtà attraverso un pc, questo significa che stiamo percependo una realtà ancora più ridotta, non penso di esagerare se parlo dell’1% di realtà percepibile con forme di trasmissione di realtà attraverso il digitale, e senza considerare le alterazioni che il linguaggio già di per se produce, su cui costruiamo la nostra esperienza di realtà, la costruzione di realtà da punto di vista psicologico ha la necessità di essere almeno in parte costatativa, almeno quel 10% lo dobbiamo avere.

Ipertecnologismo e svilimento della conoscenza

La tecnologia digitale non può in nessun modo sostituire l’esperienza e il processo di conoscenza quando incautamente lo fa, genera rappresentazioni irreali, le chiamiamo virtuali ma sono irreali, in ogni caso abbiamo bisogno di percepire almeno un decimo di realtà per poter ricostruire qualcosa di verosimile al di sotto del quale non è possibile andare, per questo motivo non possiamo delegare alla tecnologia informatica nessun processo ne di interazione ne di riconoscimento ne di ricostruzione di una realtà storica, la quale è già di per se ridotta a causa del decadimento della materia dovuto al tempo.

Conclusioni: più tutela della conoscenza più salute mentale

Custodire la storia, e pertanto un manufatto, è necessario in quanto la conoscenza è anche un processo, se non abbiamo elementi riconoscibili di “memoria sociale”, e recenti studi stanno dimostrando che nel nostro DNA sono presenti “memorie di esperienze fatte dai nostri antenati”, se non abbiamo questo, i “segmenti del DNA” non si attivano, essi si attivano solo se ci sono percezioni sensoriali corrispondenti e non deformate da algoritmi.

Per questo motivo poter restituire alle future generazioni dei pezzi di realtà storica, è necessario per poter permettere a loro processi biochimici di “riconoscimento” e “attivazione “ di parti del loro DNA che permettano a loro di stabilire i confini della loro coscienza, che anche se immateriale, potrebbe così interagire anche con elementi materici autentici percepibili con i sensi, e non deformati da astrazioni algoritmiche.

In definitiva è un modo per assicurare alla future generazioni di poter prendere contatto con il proprio “se” almeno per quella parte che riguarda l’identità sociale, e poter godere di una salute mentale che al giorno d’oggi sembra in generale un po’ compromessa.

a questo link colleghi cognitivisti oltreoceano che esprimono come me perplessità su un eccessiva invadenza della tecnologia informatica https://vimeo.com/295333263?ref=fb-share&fbclid=IwAR1uYZNEmeHQaB6O0SOIhkRLS0-AaM9-Uwa36gKIusRPvlu2pXbMIS_492A

 

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